di Mario Giunco
RICORDO DI TONINO VALERII
Tonino Valerii se n’è andato in punta di piedi il 13 ottobre 2016. Da tempo non stava bene, si era isolato. Aveva rinunciato a un’intervista di Giuseppe Tornatore su Ennio Morricone. Non aveva saputo della scomparsa di Bud Spencer e di altri amici carissimi. Ma pochi lo hanno ricordato:
Anna Fusaro, autrice del documentario “Mi chiamo Tonino Valerii e faccio western” (2002), Steve Della Casa, che in “Hollywood Party” (Radio 3) ha fatto cenno alla sua creatura prediletta, il festival “Roseto Opera Prima”, Oreste de Fornari (più volte ospite della rassegna), Paolo Micalizzi (per anni stretto collaboratore e addetto stampa della stessa), Mauro Gervasini (“Film Tv”), Paolo Mereghetti (“Sette – Corriere della Sera”). Poi, due noticine su “l’Unità” e sul mensile “Ciak”. Per il resto, un imbarazzante silenzio.
“Il mio nome è Nessuno“ (1973) è il film più famoso di Valerii, interpretato da Henry Fonda e Terence Hill, con musiche di Ennio Morricone (un motivetto spiritoso e irriverente). E’ il western europeo che ha incassato più di tutti. Ma non era il suo preferito. Gli aveva provocato lunghi, e a stento sopiti, contrasti con Sergio Leone, con cui aveva lavorato, nel 1964, in “Per un pugno di dollari” (era andato ad accogliere Clint Eastwood, del quale rimase sempre amico, mentre Leone lo snobbava) e, nel 1965, in “Per qualche dollaro in più”. Riteneva che i suoi film più riusciti fossero “I giorni dell’ira” (1967) e “Una ragione per vivere e una per morire”(1972).
Quentin Tarantino, suo ammiratore, li portò entrambi alla Mostra del Cinema di Venezia , nella retrospettiva, da lui curata, sul western italiano (2007). Tonino amava il sole, il mare di Roseto – il padre aveva una casa nei pressi della spiaggia – la buona cucina, la famiglia, gli amici. Il cinema, soprattutto. Si era diplomato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dopo studi regolari, compiuti con profitto. Aveva esordito (non accreditato) nel 1961, come assistente di Alessandro Blasetti e, l’anno dopo (accreditato), di Camillo Mastrocinque, con cui aveva lavorato anche in un ‘horror’ vampiresco, “La cripta e l’incubo” (1964). Aveva diretto, tra gli altri, Domenico Modugno in “Tutto è musica”(1962), Salvo Randone in “Mio caro assassino” (1972), Toshiro Mifune in “Sicilian Connection” (1987), Massimo Ranieri, Kim Rossi Stuart, Luca De Filippo e Roberto Herlitzka in “Il ricatto”, un film per la tv in cinque puntate, Barbara De Rossi e Sonia Petrovna in “Due madri” (1989), Enrico Montesano in “Una prova d’innocenza” (1991), Massimo Girotti e Rajna Kabaivanska in “Un bel dì vedremo” (1996), Giancarlo Giannini in “Una vacanza all’inferno” (1997), il suo ultimo film.
Nei western aveva diretto – per citare i maggiori – Henry Fonda, Terence Hill, Bud Spencer, Giuliano Gemma, Fernando Rey, Lee Van Cleef, James Coburn, Telly Savalas. “La ragazza di nome Giulio” (1970) ha una storia a sé. Tratto dall’omonimo romanzo di Milena Milani, il film ebbe noie censorie, fu presentato alla Mostra di Berlino. Ben presto se ne diffusero copie contraffatte per i cinema a luci rosse. Nel 1989, in occasione della retrospettiva dedicatagli dal Comune di Roseto, il regista ricostruì pazientemente l’originale. All’operazione contribuì un istituto di credito della provincia. Perciò, dopo la proiezione, la pellicola fu restituita alla banca, nei meandri della quale scomparve definitivamente, con grande disappunto dell’autore. La filmografia completa è riportata nel libro “Il mio nome è Nessuno.
Lo spaghetti western secondo Tonino Valerii”, a cura di Roberto Curti (Ed. ‘Un mondo a parte’, Roma 2008). Dello stesso autore è uscito il fondamentale saggio “Tonino Valerii The Films”, pubblicato dall’editore statunitense McFarland (mcfarlandpub.com). Valerii era un cineasta colto, di molte e raffinate letture. Suo il “Manuale dell’aiuto regista” (Ed. Gremese, Roma 1996), libro di testo degli studenti di cinematografia. Aveva tenuto un corso in un’università americana, con il filosofo Gianni Vattimo. Prediligeva il cinema orientale , specie quello giapponese. Apprezzava gli autori che “sapevano” fare un film. Su quelli visionati esprimeva giudizi meditati e coerenti, anche se talvolta non in linea con la ‘vulgata’ critica. Sarebbe interessante rileggere le sue schede per “ Roseto Opera Prima”, festival da lui diretto dal 1996 al 2012. Era stato “rimproverato” di aver messo in concorso “Terra di mezzo”, lungometraggio di esordio di Matteo Garrone, per la crudezza di alcune scene. Valerii difese l’opera a spada tratta, a costo di farsi qualche nemico.
Nel 1997, quando uscì “Boogie Nights”, il debutto folgorante di Paul Thomas Anderson – che, per quel film, avrebbe vinto il primo Oscar della sua carriera – , Valerii annotò: “E’ un capolavoro, ma preferisco che sia proiettato al chiuso”.
“Opera Prima” ha contribuito a far conoscere registi esordienti , diventati famosi (Carmine Amoroso, Ferzan Ozpetek, Alejandro Gonzales Inarritu, Danis Tanovic, Francesco Patierno, Andrea Adriatico, Vittorio Moroni, Giorgio Diritti, Kim Rossi Stuart, alcuni dei nomi) e a riunire a Roseto eminenti critici, giornalisti, uomini di spettacolo, registi, attori famosi: Giovanni Grazzini, Ermanno Comuzio – indimenticabile presidente della Giuria, al quale sono succeduti Mario Moretti e poi Carlo Di Stanislao – Florestano Vancini, Carlo Lizzani, Marco Bellocchio, Dario Argento, Alessandro D’Alatri, Tinto Brass, Pupi Avati, Nanni Moretti, Florinda Bolkan, Massimo Dapporto, Maria Pia Casilio, Alessandro Gassman, Stefania Sandrelli, Neri Marcorè, Giuliano Gemma, Bud Spencer, Terence Hill, Franco Nero, Barbora Bobulova, Kim Rossi Stuart, Fabrizio Bentivoglio, Rocco Papaleo, Michele Placido, Stelvio Cipriani.
L’album dei ricordi è molto lungo. E accresce il rimpianto per la perdita del grande Tonino.
Complimenti a tutti!!!!
Ci volevano queste precisazioni e ricordi! Spesso la memoria di alcuni si ferma dopo il “proprio” naso!
Grazie…🌟🌹❤️🌈
Meno male che c’è Mario!