Sostiene Mario Giunco .Quando Roseto compì 100 anni di vita. Il discorso

di Mario Giunco

 “Sono certo che nel farmi l’onore di prescegliermi  per celebrare il primo secolo della vostra città, voi avete avuto riguardo non alla mia persona, ma alla mia attuale carica di sindaco di Pescara, il cui destino di sviluppo è contemporaneo e si svolge parallelamente a quello di Roseto, e che in questa manifestazione avete voluto consacrare in gemellaggio simbolico i sentimenti di simpatia e di affetto, i legami di interessi fra le due cittadinanze, che si vanno facendo sempre più intimi e profondi”.  

A parlare è Antonio Mancini (1915-1982), sindaco di Pescara dal 1956 al 1963, deputato Dc  (non molto simpatico a Fanfani) dal 1964 al 1976. Il  22 maggio 1960, in un affollato  Supercinema,  tenne il discorso ufficiale per il centenario della fondazione di Roseto. Mancini era considerato un discreto oratore,  forse un po’ troppo propenso ai voli lirici, alle immagini ricercate e alla retorica vecchio stampo.

Il testo integrale è riportato da Gaetano Pirocchi  in “Cronaca del Centenario di Roseto degli Abruzzi” (Arte Stampa, Pescara1967):  “Nella ridente fascia costiera d’Abruzzo, dove le maestose vette del Gran Sasso, distaccandosi con passi ciclopici dalle minori consorelle della catena appenninica, vengono ad affacciarsi con l’immacolato candore delle loro nevi sulla marina, per rimirare lo scialle serico e biondo della riviera, che il nostro mare lambisce con l’amore eterno dei suoi baci, ed il superbo paesaggio, fatto di cime dentate, di vallate ridenti, di pianure ubertose, di spiagge assolate e di mare turchino raggiunge la gloria di una bellezza senza pari, i tempi eroici del Risorgimento hanno visto sorgere, quasi per meravigliosa germinazione, le città di Roseto e Pescara, stupenda infiorescenza creata dalla linfa vivificatrice di traffici che l’unificazione nazionale ha accelerato, rimuovendo  le frontiere che dividevano italiani da italiani.

Sbocciate quasi contemporaneamente dalla vecchia matrice, si sono sviluppate insieme, sia pure in maniera diversa, e insieme furono i primi centri d’Abruzzo a sentire i tempi nuovi che i patrioti avevano vagheggiato, e che statisti e condottieri realizzarono quasi folgorando con gesta improvvise i relitti del medioevo e della ignoranza”. Nel discorso Teramo non è mai menzionata, a differenza di Pescara, che lo è sempre (anche a sproposito).  Infatti, correva voce che Roseto volesse staccarsi dalla provincia di Teramo. Pescara, da parte sua,  cercava di espandersi sulla costa.  “Achille Mezzopreti, di una famiglia che è rosetana ma è anche pescarese – continua l’oratore – accolse, quale sindaco di Montepagano, proprio qui il Re Vittorio Emanuele, con tali manifestazioni di lealtà e giubilo, che il Re ne serbò per tutta la vita intatto ricordo tra tante fastose e festose accoglienze che lo accompagnarono nel suo viaggio trionfale, e onorò della sua costante amicizia la cittadinanza ed il Sindaco, al quale espresse il suo sovrano compiacimento”. Ma una bordata antipaganese è rimasta fra gli appunti di Mancini. Fu tagliata per comprensibili motivi: 

 “Gli uomini della collina, protetti dalle torve cinte di mura, immobili nella contemplazione neghittosa del passato, come purtroppo accade spesso in simili casi, indirizzarono i dardi della loro facile ironia contro il nuovo centro pulsante di vita, e con intenti spregiativi chiamarono quotaroli o ‘li cutaroli’ i loro abitanti, quasi volendo trasformare in lazzo l’atto di illuminata generosità dei prelati della SS. Annunziata, e per creare, con le sgradevoli assonanze del termine, immagini ridicole di caudati e selvatici villici”. La “pescaresità”  del discorso non sfuggì ai cronisti dell’epoca.  Ecco una nota dell’agenzia di informazioni “Abruzzo Molise press” , datata Teramo 30 maggio 1960, dal titolo “Il fiorellino di Roseto degli Abruzzi”: “Roseto degli Abruzzi  celebra il secolo della sua vita; è fortunato paese della riviera nel tratto della provincia di Teramo.

Dicendo Teramo desideriamo sottolineare; aggiungiamo che Teramo è fertile di ingegni in ogni campo; e dalla sua provincia va detta la medesima cosa, per quanto Roseto sembri invogliata a dimostrare, col suo esempio, che non diciamo ciò che è vero. Difatti, essa s’è scoperta, nella circostanza del proprio centenario, d’essere priva di un oratore; e dove è andata a cercarlo? Non già nel capoluogo, né in un altro centro della sua provincia: ha addirittura invitato a parlare delle sue ambizioni e delle sua speranze un oratore non conosciuto come tale, ma per essere sindaco di Pescara; per intenderci, in carica, non ex. Il quale, dice la cronaca, ha parlato così e così. E si va fuori provincia a officiare un oratore che parlerà così e così? Evidentemente, tra le rose di Roseto degli Abruzzi nascono fiorellini siffatti”. Le parole del sindaco di Pescara prefiguravano un futuro che non c’è mai stato.  Come non si è mai realizzata l’alleanza dei paesi costieri, il “patto adriatico”.

(Mario Giunco)

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