L’IMPORTANZA DELLE COCCOLE. ANCHE A SCUOLA
Cuore, il “best seller” di Edmondo De Amicis (Oneglia, 1846 – Bordighera, 1908), torna di moda. Dopo anni di oblio e gli strali di Croce, Sapegno, Arbasino, Eco, Natalia Ginzburg, dei critici cattolici, che preferivano il più rassicurante Pinocchio di Collodi al “breviario laico” deamicisiano (che “sostituiva la Chiesa con lo Stato, il fedele con il cittadino, i Comandamenti con i Codici, il Vangelo con lo Statuto, i martiri con gli eroi”) o tessevano l’elogio del discolo Franti.
Ma il COVID e la didattica a distanza hanno riproposto il libro, che, dalla prima uscita (1886, Milano, ed. Treves; Pinocchio è del 1883) riuscì a vendere in poco tempo due milioni di copie e fece la fortuna dell’editore e dell’autore. (Per inciso, i proventi lasciati da De Amicis al Comune di Torino, destinati a borse di studio per bambini poveri e valutati nel 1984 intorno ai due miliardi di lire, sparirono dalle casse dell’ente, forse dirottati in Svizzera). Di recente, Marcello Fois, in L’invenzione degli italiani (Ed. Einaudi), ha collegato Cuore alla manzoniana “lezione civile” dei Promessi Sposi.
De Amicis, con un “selfie ben costruito”, avrebbe inteso mostrare ai giovani la via di una crescita personale e collettiva “attraverso l’istruzione, la solidarietà, la generosità verso poveri e sofferenti, specie se inferiori socialmente, l’amore per la patria e i genitori, i grandi ideali”. “De Amicis? Ucciso dal COVID!” è il titolo di un articolo – in realtà un piccolo, interessante saggio – di Mario Palmerio, già docente di Filosofia e Pedagogia negli istituti scolastici superiori, comparso nel n. 284 (Gennaio 2021) di “Aelion”, un periodico pubblicato a Guardiagrele da trentadue anni. “De Amicis – afferma Palmerio – bisogna leggerlo meno affrettatamente: si scopre così che aveva una conoscenza profonda della pedagogia (Pestalozzi) e dei problemi della scuola (pensiamo solo al tema dei ‘diversi’: minorati psichici, sordomuti e ciechi), della problematica didattica (esemplata dalle varie figure di ispettori), della necessità di fare uguaglianza (‘pare che li faccia tutti eguali e tutti amici la scuola’, ‘la scuola è una madre’)”.
Rileva poi l’importanza, in tutta l’opera deamicisiana, della relazione affettiva tra maestri e allievi: “Il maestro di terza ‘non ride mai’ (solo l’ultimo giorno di scuola compie ‘un atto di allegrezza da fanciullo’), come faceva quello di seconda, ma stringe le mani, tocca e accarezza il capo, le spalle, prende un alunno ‘fra le ginocchia facendogli alzare il viso’, ‘lo tira vicino a sé per stringerlo al petto’ e bacia: ‘bacia in fronte’, ‘si chinò a baciarmi e mi punse un poco il viso con la barba’, ‘sui capelli’”. Il dialogo corporeo fatto di tattilità coinvolge anche gli allievi, che toccano la mano del maestro. “Il contatto fisico duro, energico, è esibito dal supplente, che mostra di non sapere fare scuola e una sola volta dal maestro di terza. Il bullo Franti ride al funerale del Re, ‘ride in faccia al maestro’, ‘odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro’ e il maestro ‘perde i lumi’, gli si lancia addosso, lo afferra per le braccia e lo strappa dal banco, portandolo quasi di peso dal Direttore. Per lui, però, l’azione rappresenta il suo fallimento: ‘pigliandosi il capo fra le mani, affannato, con un’espressione così stanca e afflitta, che faceva a vederlo: ‘
Dopo trent’anni che faccio scuola!’, esclamò tristemente crollando il capo’”. Le conclusioni di Palmerio sono di stringente attualità: “Cosa resta di questa pedagogia senza malizia affidata al linguaggio del corpo in un’aula in cui i bambini sono inchiodati su banchi posti a distanza di un metro al minimo, attrezzati con divisori in plastica e indossano, come i maestri, mascherine e prima, durante e dopo le lezioni devono disinfettarsi le mani ed evitare ogni contatto? Che dire poi della ‘didattica a distanza’ sviluppata con il computer, un medium freddo (cf. McLuhan), che impegna solo vista e udito? A chi tiene un cucciolo di cane o di gatto in casa l’etologo consiglia di vezzeggiarlo, di accarezzarlo, di permettergli di correre e saltare perché così gli si struttura la corteccia cerebrale.
Lo stesso, ancor di più, vale per il sano sviluppo del cucciolo umano. (…) Ad una certa pedagogia e a molti insegnanti la situazione non dispiace affatto: distanziamento e isolamento portano a concentrarsi sugli aspetti freddamente cognitivi (e nozionistici), esentano dal coinvolgimento emotivo ed affettivo e rassicurano. Il problema è che, in simili condizioni, utilizzare la parola educazione è fuori luogo: l’educazione comporta sempre una ‘erotica’ che nella scuola del COVID è assente. A breve se ne dovranno valutare i sicuri effetti negativi”.
Ma personalmente io ho frequentato la quarta e quinta elementare in collegio a Giulianova un preseminario CASA MARIA IMMACOLATA.
Ricordo che le suore ci leggeva durante la ricreazione o durante la cena pinocchio ma anche il libro cuore oppure dagli Appennini alle Ande e tanti altri.
Ricordo che nel 1962 quando a Castellalto fu aperta la scuola media fu organizzata una recita e fu emulata proprio una scena del libro cuore e i protagonisti fummo noi studenti…
Furono rappresentati anche altri episodi come un pezzo dell’odissea.”IL RITORNO DI ULISSE”……
All’epoca De Amicis si studiava moltissimo.
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