Sostiene Mario Giunco :1943.” Chiamiamolo circolo dei forestieri. No, chiamiamolo casino’.” La brevissima storia del gioco d’azzardo a Roseto

Nel primo dopoguerra anche a Roseto  esplode la mania del gioco d’azzardo. Illusione? Precario o saltuario, era pur sempre un lavoro. Forse il primo della vita, dopo anni di  guerra e di indigenza. Per sessantaquattro  disoccupati  un’occasione da non perdere.  “Croupier” –  parola dal senso oscuro  –  baristi, camerieri, guardiani, inservienti, poco cambiava.  Vuoi mettere  il fascino della “roulette”  o dello “chemin de fer”,  il brivido del “poker”? Come a Sanremo, Venezia, Campione d’Italia. Non le solite partite a scopa, briscola e tressette, le passatelle in osteria, vietate per legge. Ogni sera si indossava l’abito buono, a costo di chiederlo in prestito ai parenti. In attesa del primo stipendio e del vestito su misura.  Anno memorabile,  il 1946. Anche per Roseto. Il 31 marzo si vota – dopo ventitré anni – per il Consiglio comunale.

Tre le liste:  Democrazia Cristiana, Fronte Popolare e Indipendenti, con a capo, nell’ordine, Silvio Filippone, Giuseppe D’Emilio e Otello Barchiesi. La Dc prevale sul Fronte Popolare per circa quattrocento voti.  Il 18 aprile è eletto sindaco Raffaele Paris, in un’aula della scuola elementare di via Milli, stracolma di pubblico. Il 2 giugno si svolge il referendum istituzionale. A Roseto i voti a favore della Repubblica sono 3.228, quelli per la Monarchia 2.704. Umberto II,  il “re di maggio”,  va in esilio in Portogallo. L’Assemblea Costituente elegge presidente provvisorio della Repubblica Enrico de Nicola (“Onorevole, decida di decidere se accetta di accettare”  gli dicono, perché  è titubante), che l’anno dopo visita la cittadina. Da Montepagano soffiano venti di autonomia, si minaccia l’annessione di  Santa Lucia, Casal Thaulero e Voltarrosto. 

Il “Movimento Unionista” di Giulianova cerca di fare proseliti a Cologna. Invano. Federico Centola, proprietario di una fabbrica di giocattoli a Bologna, chiede un’area per delocalizzare la sua industria. Lo stabilimento si aprirà quasi due anni dopo, il 15 marzo 1948. Domenico Ponno lottizza un terreno di sua proprietà, dietro villa Anna (l’attuale Villa Comunale). Al  cinema “Modernissimo” si proiettano in seconda e terza visione – con pellicole piuttosto malconce – e si commentano in viva voce i film di successo:  “Notorius” di Alfred Hitchcock, “I migliori anni della nostra vita” di William Wyler, “Sciuscià” di Vittorio De Sica – uno degli ospiti di Roseto -, “Paisà” di Roberto Rossellini, “La vita è meravigliosa” di Frank Capra, “Sfida infernale” di John Ford, “Gilda” di Charles Vidor.  In onore della protagonista, la prorompente  “atomica” Rita Hayworth, la gelateria Magrini inventa la prelibata “Coppa Gilda”. Il barone Arturo Broussard, amministratore unico dello “Sporting Club Italiano” di Milano, ottiene  la concessione in esclusiva – con diritto di opzione per gli anni successivi –  per l’apertura di un  “Circolo dei  forestieri” , offrendo  “attrazioni e giochi vari” alla popolazione.

La società avrebbe destinato al Comune il  50% degli utili netti e agli enti combattentistici locali riconosciuti l’intero incasso dei trattenimenti danzanti del sabato e della domenica.  La Giunta approva con delibera n. 40 dell’8 aprile 1946. La vita cittadina riprende il suo ritmo. L’estate è alle porte.  Senonché,  l’8 giugno,  invece dell’atteso circolo, Broussard  inaugura un   “Casinò Municipale”,  in un villino sulla Nazionale, adiacente all’albergo Roma, dove, nell’agosto 1943, avevano soggiornato i due attori “celebri e dannati”,  Osvaldo Valenti e Luisa Ferida.  Sono tuttavia in vigore rigide disposizioni statali  per le case da gioco in località turistiche, cui non è permesso derogare.  Si ricorre alla “furbata” di ripristinare il  “Circolo dei forestieri”, mai aperto. 

Nella notte fra il 13 e il 14 luglio, la polizia irrompe nelle sale e sequestra gettoni e mazzi di carte. Eminenti uomini d’affari e dame incipriate, convenuti  anche da fuori regione, si danno a fuga precipitosa. Parte una sventagliata di mitra, si odono colpi di pistola. Nessuno viene fermato o interrogato. Del “Casinò Municipale” resta traccia in qualche sbiadito documento, oltre che nei libri di Raffaele D’Ilario.  E nei ricordi di due testimoni diretti, entrambi scomparsi: il “factotum” Nino D’Angelo e Gino Parisciani, che guida la protesta dei neo-disoccupati, sfociata in un infuocato comizio in piazza della Stazione. Senza nulla ottenere. Il sogno  dura poco più di un mese. E’  la prima – e non unica – sconfitta dei lavoratori rosetani.   

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