Ma siamo convinti che sarebbe bello tornare ai muri? Storia giovanile di Giuseppe che voleva visitare Berlino

di Giuseppe Scialabba

L’altra Berlino e un confine oltrepassato 

Era maggio 1980 ed avevo appena terminato i miei 18 mesi di Servizio Militare nella Marina Italiana. Adesso che avevo assaporato una certa indipendenza anche economica, iniziai a progettare con un amico un’avventura fuori dai confini nazionali.

Il mio amico, che chiameremo Giovanni, era in contatto un gruppo di ragazzi di un paesino del Molise che stavano organizzando un viaggio a Berlino Ovest per far visita a dei loro amici Berlinesi.

Partimmo in cinque in macchina, sicuramente una Fiat, ed arrivammo a notte fonda a Berlino Ovest. La zonaera deserta e non riuscivamo a capire perché in tutte le strade vi fosse il cartello che indicava: Strada senza uscita.

Realizziamo… eravamo arrivati a pochi metri dal “MURO”.

Dopo alcuni giorni riuscimmo ad ambientarci in questa città piena di bar e locali sempre aperti, di strade sempre piene di gente a tutte le ore con ragazze e ragazzi che avevano voglia di divertirsi, “anche troppo”.

In questo vorticoso vivere, dove sembrava che fosse sempre mezzogiorno, io e Giovanni ci trovammo davanti al Checkpoint Charlie.

Si trattava del più celebre posto di passaggio, riservato ai soli stranieri, tra Bellino Ovest e Berlino Est. Nella parte Ovest si trovava il museo dove erano presenti documenti, foto e oggetti che raccontavano di come migliaia di Berlinesi dell’Est erano riusciti a scappare a Berlino Ovest.

Era primo pomeriggio e decidemmo di vistare il museo dove comprammo alcune cartoline che raffiguravano i tanti modi in cui i tedeschi dell’Est erano riusciti a passare nella parte Ovest della città.

Dopo una serie di tira e molla, verso le cinque decidemmo di andare a Berlino Est per vedere oltre la “Cortina di Ferro”.

Al controllo dei documenti nella parte Est, scoprirono le nostre cartoline, comprate da poco nel museo e non ci fecero entrare. Tornati indietro decidemmo di lasciare le cartoline al gabbiotto Inglese del Checkpoint Charlie.

Ci ripresentammo nuovamente al cospetto delle guardie dell’Est. Dopo mille domande e controlli, fummo obbligati ad acquistare una certa quantità di marchi locali, moneta che nella Germania Ovest non aveva valore ed infine, ci lasciarono passare consegnandoci un fogliettino di carta con varie scritte in tedesco. L’unica cosa comprensibile era la scritta “24 h”.

Visto che erano le diciotto, deducemmo che saremmo potuti rimanere a Berlino Est fino alle diciotto del giorno dopo. Finalmente eravamo entrati. 

Ci trovammo di fronte a palazzi tristi, strade semivuote, una situazione completamente opposta a quella vista a Berlino Ovest. Tuttavia cercammo di conoscere persone e soprattutto ragazze.

Dopo poco facemmo conoscenza con due simpatiche ragazze che venivano da Rostock, cittadina situata a Nord della Germania dell’Est. Chiacchierando, ci spiegarono che per gli abitanti della Germania Est, non era semplice visitare Berlino Est, la loro visita era stata un premio per i buoni risultati scolastici.

Passammo delle ore piacevoli. Verso le 23:45, mentre eravamo seduti in una scalinata di un grosso edificio pubblico, notammo una macchina della polizia che si aggirava nelle vicinanze.

Qualche minuto prima delle 24:00 si avvicinarono e ci chiesero i documenti. Quando mostrammo quel “foglietto con la scritta 24h” ci disserro, o meglio, ci fecero capire in modo non molto gentile che a quell’ora non avremmo dovuto essere lì e che, di corsa, dovevamo uscire da Berlino Est. 

Capimmo solo in quel momento, cosa c’era scritto sul quel foglietto: il permesso era fino alle 24:00 dello stesso giorno dell’ingresso.

Salutammo al volo le ragazze e ci indirizzammo, correndo, verso il Checkpoint Charlie, sperando di ricordare la strada che avevamo percorso di giorno. Fortunatamente, dopo diverse incertezze, riuscimmo a raggiungere il confine. Era quasi l’una di notte.

La scena che ci si presentò era spettrale e c’era un silenzio da mettere i brividi. Quasi subito si parò davanti a noi un donnone in uniforme, palesemente alterata.

Pensando di fare bene, provammo a tagliare il percorso obbligato per raggiungere prima l’uscita, ma questo la fece irritare ancora di più. Dovemmo pertanto seguire tutto il percorso tra i vari camminamenti anche se, ovviamente, non c’era nessuna fila.

Per un momento ho pensato al peggio. Ripensando a mente fredda, capii che probabilmente era solo arrabbiata, per il fatto che a causa nostra aveva dovuto fare un ora di lavoro in più.

Finalmente riuscimmo a raggiungere “La libertà”. Non ci bastava aver sfiorato “un incidente diplomatico”,all’una passata avemmo anche la faccia tosta di bussare al gabbiotto inglese del Checkpoint Charlie, per richiedere indietro le nostre cartoline.

Bene, non solo ci aprirono ma ci resero anche le cartoline, in ogni modo per non rischiare ancora decidemmo che era ora di puntare verso una città meno complicata, optammo per Amsterdam………….ma questa è un’atra storia

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