Il testamento del mare

di MARIA MATANI

A settembre, a pochi incerti astanti,

il mare parla la lingua dell’addio.

Parole cercate nel profondo,

arricciate tra la spuma vivace

e piano, ornate nell’aria mattutina.

Parole sciorinate come i confetti

degli sposi al mezzodì del rito,

dolce regalia per bimbi in trepida attesa.

Parole al calar del sole, sventolate, garrite:

“Andate, andate e cauti i ricordi serbate

fino a quando l’astro tornerà in alto

e io trasparente ritornerò per voi.”

Il mare sa parlare

Lady, ma il mare fa il testamento?

Si, baby! Il mare a settembre redige sempre un testamento.

Il mare è grande, tanto grande che noi uomini lo consideriamo immenso, quindi, per non entrare in confusione, le diverse aree marine, così come quelle terrestri, sono state denominate con i diversi nomi.

Il Mare Nostrum, così chiamato dagli antichi romani, stila il suo testamento nel mese di settembre, il nono mese,  quello come un ponte sospeso tra l’estate e l’autunno, beatamente adagiato, come l’ora più bella del giorno, tra la luce e il buio.

A settembre le nostre spiagge iniziano, prima piano e poi celermente, a spopolarsi, gli ombrelloni si diradano, i ragazzi rientrano a scuola, gli adulti sui posti di lavoro. Le giornate diventano sempre più corte, il sole lascia il posto alle nuvole, le temperature assumono un andamento ballerino e la magia estiva si dissolve nelle prime nebbie mattutine, cosicché anche i pensionati abbandonano gli ultimi ombrelloni.

È proprio questo il momento in cui il mare pubblica il suo testamento. Tra i flutti, il vento e il garrito dei gabbiani, il mare ti parla. Il mare inizia con il raccontare la sua storia e i suoi segreti, la bellezza degli abitanti delle sue acque.  Poi, prosegue con  le vicende dai toni cupi, quelle degli uomini che lo attraversano con addosso le fatiche e dentro i sogni e il loro incerto, ma speranzoso  avvenire prossimo e futuro e pur conoscendo le terribili tempeste,  nessun pericolo costituisce ragione sufficiente per restare sulle dirimpettai rive a noi ignote.

Il mare scrive a lettere chiare, ma come la Sibilla Cumana scriveva sulle foglie agitate dal vento e per questo il suo dire risultava oscuro e ambiguo, così lui scrive il suo apparente  enigmatico testamento sulle onde, parimenti agitate dal vento, ma se ascolti bene fino alla fine, tante cose capirai, il mare non ha paese ed è di tutti e se lo ami, ti amerà e la sua acqua salata come le lacrime, è la cura per ogni cosa.

Un commento

  1. Non c’è malinconia nel mare di Maria, non c’è fine ma un sereno arrivederci. Tornerà il mare e tornerà il sole e con la loro bellezza ci scalderanno ancora il cuore sussurrandoci il piacere dell’attesa di rivederci ancora

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