Il canto del grano

di Maria Matani

Il canto del grano a te che non sai io vorrei raccontare.

Si ode una volta l’anno, il giorno prima che la falce

s’affonda nel campo suo profondo, 

quando il sole si specchia nel suo capolavoro

 e il respiro della terra diventa bollore;

l’antico vento muta in soffio e le spighe gialle, 

intonano la melodia a denti stretti di tra i baffi secchi.

Allora, se ascoltare tu vuoi, socchiudi gli occhi, 

guarda sopra il mare d’oro e le orecchie accendi,

ché domattina non potrai udire più niente.        

Il canto del grano vuole essere un inno alla vita, alla bellezza consolatrice della fatica che genera “pane”, alla madre Terra che accoglie la vita e la nutre, alla donna, madre dell’umanità e alla dea Demetra, custode della legge sacra dei cicli di vita e di morte, dea della terra coltivata e, in particolare, delle spighe di grano. Se io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta la gente che non ha da mangiare…così poetava Gianni Rodari, parlando del pane.

         La coltivazione dei cereali risale ad epoche remote, così come la loro utilizzazione in campo alimentare.  È lecito, quindi, affermare che il grano rappresenta la nostra principale materia prima, ma è necessario sempre ricordare che, come tutti i raccolti, anche quello del grano non è mai una certezza e prima di diventare pane e arrivare sulle tavole, i chicchi, veri scrigni di componenti nutritivi, carboidrati, proteine, lipidi, sali minerali e vitamine, devono affrontare un lungo cammino, fatto di lavoro, imprevisti metereologici e malattie. E allora amiamo, incentiviamo e sogniamo i campi di grano e finché li sogniamo essi saranno con noi.

Un commento

  1. Come sempre, Maria ci regala antichi saperi che ormai abbiamo dimenticato. Il ciclo della Natura continua a riproporsi, anche se non sappiamo più vederlo ed ascoltarlo

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