Secondo appuntamento con l’autore di una iniziativa che potrebbe avere una doppia valenza.Convincerci a comprare un libro in più e magari proprio quello che ci suggerisce in questo blog di “Gigino”
Joseph Roth, Giobbe. Romanzo di un uomo semplice, Adelphi Edizioni, 1977 (1930). 6.00€
«Siamo fuori!» gridò una voce.
In quel momento il cielo si rischiarò a oriente. Gli uomini si voltarono indietro, verso la patria, sulla quale sembrava pesare ancora la notte, e poi si volsero di nuovo incontro al giorno e al paese straniero.
Uno cominciò a cantare, tutti lo seguirono, cantando si misero in marcia. Solo Schemarjah non cantava con gli altri. Pensava al suo prossimo futuro (possedeva due rubli); alla mattina a casa sua. Fra due ore laggiù il babbo si lavava, mormorava una preghiera, si schiariva la gola, faceva i gargarismi, andava alla catinella e versava l’acqua. La mamma soffiava nel samovar. Menuchim balbettava un qualche cosa nell’aria mattutina, Mirjam, si toglieva col pettine della lanugine bianca dai capelli neri. Tutto questo Schemarjah lo vedeva così distintamente come non l’aveva mai visto quando era ancora a casa e lui stesso era parte del mattino domestico. Sentiva a stento il canto degli altri, solo i suoi piedi seguivano il ritmo e marciavano a tempo con loro.
Un’ora più tardi scorse la prima città straniera, il fumo azzurro dai primi solerti camini, un uomo con una fascia gialla al braccio, che prese in consegna i nuovi venuti. Dall’orologio di un campanile suonavamo le sei.
Anche dall’orologio a muro dei Singer suonavano le sei. Me del si levò, fece i gargarismi, si schiarì la gola, mormorò una preghiera, Deborah era già al focolare e soffiava nel samovar, Menuchim balbettava qualcosa d’incomprensibile dal suo angolo, Mirjam si pettinava davanti allo specchio appannato. Poi Deborah sorseggio il tè caldo, in piedi, sempre accanto al focolare. «Dove sarà ora Schemarjah?» disse a un tratto. Tutti avevano pensato a lui.
«Dio lo aiuterà!» disse Mendel Singer. È così cominciò il giorno.
Achille Olivieri